A partire dal 1° Gennaio 2024 in Italia si applica la global minimum tax alle multinazionali che operano su scala globale e generano profitti significativi.
Si tratta di un'imposta internazionale che mira a stabilire un livello minimo di tassazione sulle società multinazionali, prevenendo la pratica della concorrenza fiscale.
Il panorama economico nazionale e internazionale è in continua evoluzione e la global tax è diventata una delle questioni più discusse e rilevanti in ambito fiscale.
In questo articolo, esploreremo quindi il concetto di global minimum tax, con un focus particolare su cosa comporta questa riforma fiscale globale e sull'impatto che avrà in Italia.
La global minimum tax (GMT), o imposta minima globale, è un'aliquota fiscale minima del 15%, concordata a livello internazionale, che i Paesi si impegnano ad applicare alle multinazionali.
Stabilire un livello minimo di tassazione per le società multinazionali crea una maggiore equità fiscale, garantendo che le aziende paghino una quota di tasse equa indipendentemente dai regimi fiscali nazionali.
L'obiettivo principale della global tax è quello di prevenire la pratica della concorrenza fiscale sleale tra sistemi di tassazione, il cosiddetto dumping fiscale.
Il dumping è una pratica commerciale scorretta che prevede l’applicazione di prezzi più vantaggiosi su alcuni mercati rispetto ad altri.
Questa espressione può essere applicata anche all’ambito fiscale e si riferisce a quella pratica attraverso la quale un Paese cerca di attirare imprese straniere offrendo condizioni fiscali estremamente vantaggiose.
Molte aziende quindi, allo scopo di ridurre il carico fiscale, approfittano dei regimi più vantaggiosi di altri Paesi che deliberatamente riducono le proprie aliquote per attirare società e investitori.
L'introduzione della global minimum tax è stata proposta proprio per contrastare questo fenomeno, cercando di stabilire un livello minimo di tassazione per le società multinazionali e impedendo loro di sfruttare le differenze tra i regimi dei vari Paesi.
In pratica se un'azienda registra profitti in un Paese con un'aliquota fiscale inferiore al tasso minimo stabilito, sarà tenuta a pagare la differenza nel Paese di residenza.
Ipotizziamo di avere un’azienda con sede in Italia e operatività in diversi Paesi ad esempio Spagna, Francia e Regno Unito. Se uno dei Paesi in cui l’azienda opera ha un'aliquota fiscale inferiore al 15%, l’azienda è tenuta a pagare la differenza al Paese di residenza.
L’obiettivo è quello di scoraggiare la pratica delle imprese di approfittare di giurisdizioni con tassi fiscali estremamente bassi per ridurre la propria imposta sul reddito.
Per comprendere ancora meglio il funzionamento della global minimum tax è necessario fare qualche passo indietro e parlare della riforma fiscale globale che la introduce, concordata dai Paesi membri dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), e del G20.
Alla base di questa riforma sono previsti due punti essenziali definiti Pillar.
Questo significa che una parte dei profitti delle società multinazionali viene tassata nei Paesi in cui sono presenti clienti, anche se l'azienda non ha una presenza fisica sostanziale in quel Paese.
Questo è un aspetto che colpisce particolarmente le big tech che, commercializzando principalmente prodotti immateriali, erano soggette alle imposte solo nei Paesi in cui era registrata la sede principale. Con questa nuova norma tali aziende potranno essere considerate soggetti d'imposta anche dagli Stati in cui vendono i loro servizi.
La global tax, che in Italia ha effetto dal 1 gennaio 2024, dà seguito quindi al secondo pilastro della riforma fiscale globale, secondo quanto indicato dal Decreto Legislativo 209 del 27 dicembre 2023 che recepisce la Direttiva Europea (UE) 2022/2523 sulla riforma fiscale globale.
La riforma introduce 3 tipologie di imposte allo scopo di coprire tutti i casi e contrastare tutte le strategie adottate dalle grandi multinazionali per eludere i propri obblighi fiscali.
È l'imposta aggiuntiva che alcuni Paesi applicano alle grandi multinazionali per assicurarsi che queste ultime paghino una quota minima di tasse nei Paesi in cui operano.
In pratica è l’imposta integrativa che si applica alle multinazionali che non hanno pagato l'imposta minima globale (GMT).
In altre parole, si applica solo se la GMT non è stata pagata in un altro Paese e viene calcolata come differenza tra l'aliquota fiscale minima del 15% e l'aliquota fiscale effettiva pagata. Il versamento deve essere effettuato allo Stato in cui la multinazionale ha la sua sede principale.
La top-up tax quindi è un’imposta complementare alla global minimum tax ed è una misura nazionale adottata dai singoli Stati alla luce di quanto previsto dalla GMT.
Le tre imposte che compongono la Top-up Tax sono:
Quindi il meccanismo che consente l’applicazione della global tax segue queste tre fasi.
Nonostante i dubbi sulla sua efficacia, i vantaggi della global minimum tax potrebbero essere notevoli.
Gli aspetti negativi sono rappresentati dalla difficoltà di attuazione di questo sistema complesso che richiede una stretta collaborazione tra le nazioni, e dalle difficoltà legate ad una sua applicazione uniforme in tutti i Paesi.
Inoltre la global tax potrebbe aumentare l'onere amministrativo per le multinazionali e quindi disincentivare gli investimenti e la crescita economica.
La global tax rappresenta un passo significativo verso una maggiore equità fiscale a livello internazionale, eliminando pratiche dannose come il dumping fiscale e promuovendo una maggiore stabilità economica a livello globale.
I potenziali vantaggi suggeriscono che questa riforma fiscale globale potrebbe avere un impatto positivo a lungo termine, sia in Italia che nel panorama internazionale, nonostante ci siano ancora sfide da affrontare nell'attuazione e nell'applicazione delle norme.
Per il successo sarà fondamentale la collaborazione tra le nazioni e avrà un’influenza notevole la capacità di adattamento delle grandi aziende alle nuove direttive.